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La nascita della Sampdoria, “Unione Calcio Sampierdarenese Doria” e il primo derby della Lanterna

Il 12 agosto 1946 nasce la Sampdoria risultato della fusione fra le due storiche squadre genovesi Andrea Doria e Sampierdarenese. Da quel giorno i "non genoani" a Genova diventano sampdoriani. Il primo derby della Lanterna si gioca davanti a 40000 spettatori
La prima formazione della Sampdoria

La nascita della Sampdoria risale all’estate del 1946. Genova è uscita in ginocchio dalla Seconda Guerra Mondiale, ma dopo anni orribili la voglia di riscatto è più forte di ogni cosa e la ripartenza del campionato di calcio è un evento a cui tanti genovesi non vedono l’ora di attaccarsi per tornare a sorridere. La città aveva nuovamente le sue tre squadre pronte ai nastri di partenza. Accanto al Genoa ritroviamo l’Andrea Doria che, fresca di rifondazione (vanta grande disponibilità economica, particolare non da poco considerato il momento storico), chiede a gran voce alla Federazione di essere risarcita in termini sportivi dei danni subiti durante il regime fascista (vai all’articolo) e, ovviamente, la Sampierdarenese, tornata alla sua denominazione originale dopo l’ultima parentesi come AC Liguria, che può nuovamente contare su buona parte dello storico direttivo capitanato dal condottiero Cornetto.

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In gran parte d’Italia strade e ferrovie sono dissestate, i collegamenti fra le città sono compromessi e non è possibile ripartire immediatamente con il campionato di Serie A a girone unico. La soluzione della Federazione è quella di organizzare un campionato a gironi interregionali con trasferte ridotte al minimo. Nell’Italia settentrionale la FIGC organizza il campionato Alta Italia Serie A con tutte le squadre del nord che avevano partecipato all’ultimo campionato e con l’aggiunta proprio dell’Andrea Doria a cui viene concesso come risarcimento l’atteso permesso speciale. Lo stadio Luigi Ferraris, requisito dalle forze alleate durante il conflitto, torna al Comune e le tre società, complice l’inagibilità di buona parte degli impianti sportivi genovesi, decidono di comune accordo di disputare le proprie gare casalinghe a Marassi (al Genoa padrone di casa sarebbe rimasta l’esclusiva della domenica, mentre le altre due avrebbero dovuto accontentarsi di giocare al sabato con ridotte possibilità di incasso) e di unire le forze per contribuire direttamente di tasca propria ai lavori di messa in sicurezza della tribuna e delle due gradinate e di ammodernamento della gradinata est (il settore “Distinti” sarà completato solo nel 1951). Il verdetto del campo in quel primo torneo post bellico non sorride a nessuna delle tre. Il Genoa appare sin da subito lontano parente dell’ultima squadra che aveva chiuso quinta il campionato del 1943 e chiude al terzultimo posto in classifica. L’Andrea Doria non riesce a confermare le aspettative, conclude la stagione di poco sopra i rossoblu e si piazza decima. Per la Sampierdarenese solo la consolazione della vittoria di tre derby su quattro (unica eccezione un pareggio contro il Genoa) che tuttavia non servono ad evitare l’ultimo posto in classifica che avrebbe dovuto significare retrocessione in serie B. E invece di lì a poco sarebbe cambiato tutto.

L’estate calda del 1946: il Genoa dei ritorni e la nascita dell’Unione Calcio Sampdoria

I mesi che precedono il campionato 1946/1947 sono caldissimi. Il Genoa affida al monumento rossoblu Edoardo Pasteur la costruzione della rosa per la nuova stagione. Il ritorno in scena del grande “Dadin”, allora settantenne, è l’ultimo capitolo di una storia d’amore incredibile che merita di essere degnamente celebrata. Calciatore più titolato della storia del Grifone insieme a Spensley, Pasteur era presente nella primissima formazione del Genoa già agli esordi nella piazza d’armi di Sampierdarena nel 1896 (vai all’articolo sul Genoa dei pionieri). Ritiratosi da giocatore con sei titoli in tasca, è stato negli anni a venire guida e colonna della società, protagonista di spicco di tante pagine memorabili della storia rossoblu traghettando il club dal dilettantismo al professionismo, dall’acquisizione del campo di Marassi sino al Grande Genoa degli anni ’20 ricoprendo praticamente tutti i ruoli consigliere, vicepresidente, presidente e dirigente. L’ultimo servizio di Pasteur alla causa Genoa, sarà il ritorno di “mister” Garbutt alla sua terza avventura genoana e l’acquisto per la nuova stagione del campione argentino Juan Carlos Verdeal. Un’uscita di scena degna del personaggio Pasteur, quasi cinquantanni di vita dedicati al football e agli amati colori rossoblu, autentica leggenda genoana.

In casa Sampierdarenese, invece, come era già capitato nell’ultimo campionato di serie A, arriva inaspettata la grazia della Federazione. I vertici del calcio italiano impegnati nel rilancio del campionato, decidono a sorpresa di annullare i verdetti del torneo a gironi appena concluso e di ripartire con il girone unico di Serie A con le squadre che avevano partecipato all’ultima edizione ufficiale (1942/1943). Genoa e Sampierdarenese hanno così il diritto di iscriversi e l’Andrea Doria, che certa della partecipazione stava conducendo un calciomercato scoppiettante e stava chiudendo l’acquisto del promettente attaccante del Vicenza Bassetto per oltre tre milioni di lire, si trova fuori dai giochi con un posto riservato in Serie B . La dirigenza biancoblu è letteralmente spiazzata e non ci sta. Cerca di difendersi in Federazione mandando in prima linea l’avvocato Torresi e cercando l’appoggio, che in molti casi non viene negato, della carta stampata. Lo stesso Calì, presidente onorario del club, fa valere il prestigio del suo nome e spende a più riprese parole al miele per la riammissione della società. Dall’altra parte della città, mentre il consiglio della Sampierdarenese festeggia la permanenza in serie A, il vecchio maestro Luigi Cornetto ha già capito tutto. Sa benissimo che i mezzi a sua disposizione non sono sufficienti per costruire una squadra all’altezza e che la retrocessione scampata quest’anno sarebbe comunque arrivata sul campo a fine stagione. Se Sampierdarena vuole sopravvivere in serie A è necessario unire le forze con i doriani. La dirigenza biancoblu, a cui le risorse finanziarie certo non mancano e che mai avrebbe pensato a ciò se non fosse arrivato lo “scherzo” della Federazione, non può escludere questa possibilità.

La nascita della Sampdoria in Galleria Mazzini

Cornetto e il presidente della Doria Parodi iniziano a vedersi in gran segreto e discutono faccia a faccia della questione. Entrambi sono convinti e decisi ad andare sino in fondo. Le resistenze, soprattutto sul fronte rossonero, ci sono eccome. Cornetto deve utilizzare tutto il suo carisma per convincere la maggioranza dei soci sampierdarenesi che la fusione è l’unica via percorribile e che questa volta non avrà niente a che vedere con quella nefasta del 1927 che diede vita a La Dominante. La società doriana, da parte sua, vuole mantenersi in posizione di forza consapevole di non essere mai retrocessa sul campo in tutta la sua storia e, soprattutto, di portare in dote alla nuova creatura il vil denaro. La prima intesa generale arriva il 9 luglio del 1946 negli uffici del notaio Bruzzone in Galleria Mazzini, una Convenzione che fissa i punti chiave e ha già il sapore della missione compiuta. Un mese più tardi, il 12 agosto, sempre nello studio del notaio Bruzzone, arriva anche l’atto ufficiale che sancisce la nascita della Sampdoria, Unione Calcio Sampierdarenese Doria. Il primo presidente è il doriano Piero Sanguineti, il capitale sociale, di oltre 17 milioni, è di tutto rispetto e sui giornali il nuovo sodalizio si è già ritagliato il soprannome di club dei “milionari”. La maglia della Sampdoria, che i soci hanno già fissato nell’accordo dopo lunghe discussioni, è tenuta in segreto sino alla prima amichevole precampionato disputata all’ex Littorio di Cornigliano. Alla fine la frangia sampierdarenese era riuscita ad ottenere che la maglia dei Lupi non fosse stravolta e così la banda orizzontale rossonera su sfondo bianco rimane al suo posto, così come la croce di San Giorgio, lo scudo della città di Genova che campeggiava al centro della maglia doriana. Restava da sistemare il blu della Doria, che diventa la base. Nasceva così l’originale maglia blucerchiata, orgoglio dei sampdoriani, quella “maglia più bella del mondo” che, sin dalla primissima uscita a Cornigliano, ai genoani ispira l’epiteto “ciclisti” che ancora oggi utilizzano per definire i cugini.

Il primo derby della Lanterna

Il primo derby, sullo sfondo il lato est del Luigi Ferraris ancora incompleto

Anche se già prima dell’inizio campionato non mancano da entrambe le parti i dissidenti che sognano con la riesumazione di Sampierdarenese e Andrea Doria (i primi correranno ai ripari immediatamente fondando la Sampierdarenese 1946 ancora oggi in attività mentre i secondi tarderanno qualche anno prima di rifondare l’Andrea Doria che invece avrà vita breve), la nuova arrivata Sampdoria può contare sin dal primo momento con l’appoggio di doriani e sampierdarenesi. I primi non sono tifosi di primo pelo, sono uomini fatti e finiti che portano nel cuore la tradizione doriana interrotta bruscamente nel 1927. I secondi sono più numerosi perché coprono più generazioni, anziani e giovanissimi, accomunati dal tipico campanilismo che negli anni aveva fortemente contraddistinto la tifoseria rossonera. I non genoani a Genova adesso sono uniti sotto un unico scudo e si chiamano sampdoriani. Partono in netta inferiorità numerica, ma sono agguerriti sin dalle primissime uscite. Anche perché sul campo la Samp è decisamente più forte. In coppia con il già citato Bassetto (autore del primo gol ufficiale della storia blucerchiata), schiera in avanti il bomber “Pinella” Baldini e Renato Gea, l'”attacco atomico” come viene definito dalla stampa sportiva.

Il primo derby della Lanterna fra Genoa e Sampdoria è un vero e proprio evento cittadino e chiama al Luigi Ferraris ben 40000 spettatori, una fiumana di persone che invade corso Sardegna in cammino verso lo stadio di Marassi, cosa simile per il football a Genova non si era mai vista. I tifosi rossoblu, che a inizio stagione avevano vissuto come un sacrilegio il fatto di dover ospitare in pianta stabile a casa propria i nuovi arrivati (una sorta di rivincita del destino dopo l’esproprio forzato della Cajenna nel 1927) si sistemano nella Gradinata Nord, i sampdoriani prendono posto in Gradinata Sud. Una città che si spacca definitivamente in due dopo cinquantanni di corsa a tre. Quel giorno, domenica 3 novembre 1946, segna un prima e un dopo nella storia del calcio a Genova. Per la cronaca, il derby finirà 3 a 0 per la Samp.

A cura di Gabriele Serpe

Bibliografia:

  • “Genoa, doria, samp & dintorni: Genova Calcio”, autori vari
  • “Una storia biancorossonera: il calcio a Sampierdarena dal tempo dei pionieri del Liguria alla Sampdoria” di Gino Dellachà
  • “Caro vecchio balordo: la storia del Genoa dal 1893 a oggi” di Gianni Brera
  • “Ciao Genoa: cent’anni di storia rossoblu” di Edilio Pesce
  • “Football 1898-1908: l’età dei pionieri”, catalogo della mostra curata dalla Fondazione Genoa 1893
  • “Il derby infinito: curiosità, aneddoti, memorie, notizie e foto di 100 anni di Stracittadina della Lanterna” di Renzo Parodi

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