Genova negli anni’ 30 è una città in trasformazione. La “Grande Genova” istituita dal regime fascista nel 1926 (qui l’approfondimento storico) aveva inglobato i comuni circostanti l’attuale centro cittadino e aveva visto quasi raddoppiare i suoi abitanti. Il calcio genovese aveva vissuto gli anni d’oro del Genoa di Garbutt due volte campione d’Italia, le prodezze del grande bomber Levratto nella rincorsa al decimo scudetto solo sfiorato e la fusione imposta dal regime fra le storiche Andrea Doria e Sampierdarenese che decretava di fatto lo scioglimento della prima e la trasformazione della seconda nel club “La Dominante”, squadra senza tifosi, snobbata da doriani e sampierdarenesi e precipitata in poche stagioni dalla Serie A alla Serie C.
Il Genoa nel 1930 presentava in pompa magna il capocannoniere del primo “Mundial”, l’argentino Guglielmo Stabile che andava a formare un attacco formidabile accanto a Levratto e Banchero. Le aspettative sono alte, i rossoblu tornano vicini alla vittoria, ma nelle stagioni successive iniza il declino che condurrà alla prima storica retrocessione in Serie B del 1934 (vai all’articolo precedente sulla storia del calcio a Genova dal 1924).
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Nel frattempo a Genova i doriani non sono scomparsi. Guidati dal carisma dell’ex dirigente Paolo Franchetti si erano già riuniti per rifondare la storica società sportiva, anch’essa biancoblu, “Alessandro Volta” riuscendo a portarla dai dilettanti alla Serie C (prima divisione). Il disastroso epilogo de La Dominante dà loro il coraggio di riprovarci ed è proprio per la stagione di Serie C del 1931/1932 che il cambio di denominazione diventa realtà. Dopo tre anni di oblio i doriani potevano riabbracciare il club. La Volta cambia denominazione e ad iscriversi al campionato sarà l’Associazione Calcio Andrea Doria.
Il calcio a Genova negli anni ’30: la grande rivincita della Sampierdarenese dalla Serie C alla Serie A
Anche la Sampierdarenese, dopo il fallimento del progetto sportivo del regime, deve ripartire dalla Serie C, ma il club era tornato nella mani degli storici dirigenti e soprattutto tornava a chiamarsi con il suo nome e a vestire la maglia biancorossonera. Il rilancio del club scalda i cuori della delegazione e i dirigenti si rimboccano le maniche per ricostruire sulle macerie. Il loro è un vero e proprio capolavoro sportivo, uno smacco per chi li aveva preceduti, a dimostrazione che il calcio era già un mestiere allora e che uomini di calcio non ci si poteva improvvisare. La bandiera Carzino torna a Sampierdarena nel ruolo di allenatore e la sfida dei saggi dirigenti è quella di non rivoluzionare la squadra ma di prepararla a vincere. Sarà una cavalcata trionfale. Promossa in Serie B, la Sampierdarenese verrà rinforzata abilmente sul mercato, per il secondo anno di cadetteria viene chiamato l’allenatore del grande Bologna l’austriaco Fellsner e, fra gli altri, dal Genoa arriva in prestito per un anno il portiere Bacigalupo. I Lupi si faranno valere sino allo storico epilogo nella finale con il Bari del giungo 1934 che riporterà Sampierdarena in Serie A con un miracoloso doppio salto di categoria in sole tre stagioni. I calciatori sono trattati a stregua di eroi e la squadra si affaccia dal primo piano di piazza Vittorio Veneto festeggiato dalla folla rossonera. Nessuno si sarebbe aspettato una risalita così rapida. La lezione della storica dirigenza di Luigi Cornetto e compagni fu epocale. Complice la retrocessione del Genoa, Sampierdarena sarà nel 1934 l’unica rappresentante di Genova in Serie A.
L’obiettivo del campionato è ovviamente la salvezza. Confermato il condottiero Fellsner, soprannominato “il dottore”, arriva un nutrito gruppo di rinforzi. Dopo l’illusorio colpaccio a Bologna (stadio che già aveva portato bene l’anno prima essendo stato teatro della promozione contro il Bari), gli uomini dell’ex mister bolognese soffrono tutto il girone d’andata e non raccolgono punti. Sarà ancora una volta il Bologna, nel match di ritorno al , a rilanciare i rossoneri che con una eccellente cavalcata risalirono la classifica fino al raggiungimento della meritata salvezza. Dagli inferi ritorna prontamente in Serie A anche il Genoa, che chiude il campionato cadetto al primo posto.
Il riscatto del Genoa: la Coppa Italia e il ritorno di “mister” Garbutt. La Sampierdarenese diventa AC Liguria
La stagione 1935/1936 vede le due genovesi lottare per rimanere in Serie A, ci riusciranno entrambe appollaiate a ridosso della zona retrocessione e separate da un solo punto. Al Genoa la magra consolazione del derby, vinto sia all’andata che al ritorno. In estate “il dottore” Fellsner (che aveva lasciato la panchina della Samp a metà stagione) accetta l’offerta del Genoa. I rossoblu sono per larghi tratti una delle sorprese del campionato 1936/1937 e chiuderanno la stagione al sesto posto in classifica e con la storica vittoria della Coppa Italia in finale contro la quotata Roma dopo una tiratissima semifinale di ritorno al Ferraris contro il Milan. Il trofeo, vinto dall’undici Bacigalupo, Agosteo, Genta, Bigogno, Pastorino, Figliola, Arcari III, Perazzolo, Torti (autore del gol decisivo in finale), Scarabello e Marchionneschi vale al Genoa la seconda storica qualificazione alla Coppa Europa. Fu così che Fellsner, pur restando alla guida dei rossoblu una sola stagione, riuscì nell’impresa di entrare nel cuore sia dei sampierdarenesi che dei genoani.
La Sampierdarenese invece porterà a casa la sudata salvezza all’ultimissima giornata grazie ad una vittoria per 2 a 0 con il Napoli. Nel derby di andata al Luigi Ferraris era riuscita a strappare un ottimo pareggio 1 a 1 ai cugini rossoblu, mentre il derby di ritorno vedrà trionfare il Genoa 2 a 0 al Littorio. Proprio mentre i giocatori combattono per salvarsi nel rush finale del torneo, si consuma una nuova spaccatura in società dovuta al ritorno in prima linea, chi si rivede, del federale Molfino che non sazio dello scempio di qualche anno prima impone una successione alla presidenza rossonera nella persona dell’ex carabiniere Nicola Mojo ben visto dai gerarchi fascisti e una nuova, udite udite, fusione con Corniglianese e Rivarolese per imporre il club come riferimento dell’intero ponente genovese e non della sola delegazione di Sampierdarena (praticamente quella di Molfino è una fissazione). Per la nuova stagione tutto rimarrà identico, colori sociali, divisa e stadio, ma invece che Sampierdarenese il club dovrà portare il nome di Associazione Calcio Liguria. Questa volta si tratterebbe davvero di una mossa solo di facciata se non fosse che Cornetto e compagnia sono nuovamente costretti a lasciare ad altri la guida del club.
Dall’altra parte della Lanterna la seconda partecipazione europea della storia del Genoa non fu nemmeno in questa occasione granché fortunata. L’esordio, in cui venne subito schierato il nuovo acquisto sudamericano Servetti, vide il Genoa battere il Gradjanski HSK Zagreb sia in casa che in trasferta e per il secondo turno trovò sul suo cammino l’Admira Wacker di Vienna. L’andata allo stadio Prater in terra austriaca è buono se si considera il risultato sportivo, 2 a 2, che ben faceva sperare per il ritorno, ma è disastroso nella realtà dei fatti in quanto macchiato da violenza e disordini. I calciatori genoani sono aggrediti e in campo la rissa è particolarmente feroce. I rossoblu tornano a Genova ed escono dalla stazione Principe particolarmente provati, su tutti il centrocampista Arrigo Morselli da poco acquistato dalla Fiorentina che riporta fratture multiple alla mandibola è trasportato direttamente al pronto soccorso. La decisione del governo di non giocare il ritorno al Ferraris è insindacabile e danneggia il Genoa che in campo si era difeso bene. I rossoblu si troveranno automaticamente fuori dalla competizione. Ma la nuova stagione è alle porte e il morale in casa rossoblu è alto anche perché arriva l’annuncio del ritorno in panchina dell’amato “mister” Garbutt.
Genoa e Liguria si presentano entrambe ben attrezzate per il campionato di serie A 1937/1938. I rossoneri affidano la panchina al giovane allenatore ex grande giocatore Adolfo “Balon” Baloncieri il quale ha l’intuizione di far esordire nell’undici titolare il giovanissimo difensore Luigi Cassano acquistando lui stesso a proprie spese il cartellino dall’Alessandria per 10000 lire (dopo che il lungimirante presidente Mojo si era rifiutato di acquistarlo declinando la proposta dei piemontesi che lo proposero al Liguria per la stessa cifra). “Balon” ci ha visto lungo, il giovane è un talento e incanta sin dalle prime apparizioni il pubblico italiano.
Questa volta la fusione non ha nessun impatto sulla piazza, non allontana i tifosi che continuano ad identificarsi nel club e accettano la nuova denominazione. Il campionato dell’AC Liguria sarà dignitoso, spiccheranno le vittorie in trasferta contro Inter e Juventus e il colpaccio nel derby di ritorno con vittoria per 2 a 0 contro il Genoa al Luigi Ferraris (al Littorio avevano vinto i rossoblu). Un Genoa che, tra l’altro, quest’anno non fa certo la comparsa. La mano di Garbutt lascia subito il segno. Seguendo le innovazioni del calcio inglese, i rossoblu del “mister” sono fra i primi in Italia ad abbandonare il “metodo” (di cui il Grande Genoa negli anni ’20 era favoloso interprete) e introdurre il nuovo “sistema”, una rivoluzione tattica che dà immediatamente i suoi frutti. Il pubblico si diverte e i risultati sono entusiasmanti. La zampata del maestro inglese regala alla piazza l’ultimo Genoa da scudetto e i genoani ad un certo punto della stagione tornano a crederci davvero. La sconfitta in casa contro il Bologna per 1 a 3 a quattro giornate dal termine, spezza la rincorsa rossoblu che nelle ultime tre giornate non riesce ad andare oltre il pari contro Milan e Roma. Chiuderà terzo, a soli tre punti dall’Inter campione, posizione valida per la qualificazione alla Coppa Europa.
Il “calcio moderno” a Genova dagli anni ’30 agli anni ’40
L’anno dopo entrambe le squadre genovesi riescono a confermarsi su buoni livelli. È il primo Genoa con il grifone cucito sulla maglia che ha sostituito sul petto il tricolore della Coppa Italia e l’esordio europeo contro lo Sparta Praga si gioca davanti a 18.000 spettatori in un Ferraris vestito a festa. Gli uomini di Garbutt partono alla volta di Praga con grandi motivazioni dopo l’ingiusta eliminazione dell’anno precedente e riescono a strappare un preziosissimo pareggio con una formidabile partita del portiere Agostini. Supera anche il Rapid di Bucarest con il computo totale di 4 reti a 2 sul doppio confronto e si qualifica per la storica semifinale contro il fortissimo Slavia di Praga. Il 4 a 2 del Ferraris illude il Grifone che cadrà 4 a 0 in Cecoslovacchia sotto i colpi del grande cannoniere Pepi Bican, autentica leggenda del football. I rossoblu tornano a Genova pronti per il campionato dove non sfigureranno affatto, confermandosi su alti livelli e chiudendo la stagione al quarto posto.
Anche l’AC Liguria di “Balon” gira forte e a fine anno arriverà addirittura quinto, a soli quattro punti dal Genoa (nuovamente battuto nel derby al Ferraris), pari merito con Roma e Napoli. Sampierdarena è in delirio. Leggende rossonere narrano di rumorosi festeggiamenti nella strade della delegazione in occasione del colpaccio nel derby, con tanto di fantocci di pezza in maglia rossoblu impiccati in piazza Barabino. A fine anno le richieste per il talentino Cassano arrivano da mezza Italia e sono dieci volte il valore d’acquisto del giocatore. Il presidente Mojo non vede l’ora di vendere il baby rossonero che però non è di sua proprietà. Il proprietario del cartellino, come abbiamo visto, è l’allenatore Baloncieri a cui vengono gentilmente offerte le 10000 lire pagate a suo tempo per il cartellino così da farsi da parte e permettere al club di fare cassa. Baloncieri ovviamente risponde picche, lascia il club sbattendo la porta per andare al Napoli e porta con se il suo pupillo (che terminerà tragicamente la sua carriera nella Sampdoria nel 1948, deceduto a soli 27 anni dopo un attacco di tifo a seguito di un’infezione da cozze avariate mangiate a Bari durante la trasferta con la squadra). Mojo e l’AC Liguria restano con le pive nel sacco. La retrocessione arriverà la stagione successiva (per differenza reti, a pari merito in terzultima posizione proprio con il Napoli dell’ex Baloncieri e Fiorentina) e, come ormai da copione, i gerarchi fascisti chiederanno aiuto al solito Cornetto implorandolo di tornare al comando per la pronta risalita. Il grande dirigente cuore rossonero accetta e richiama immediatamente Baloncieri in panchina. La missione, in un calcio che tira dritto sotto i bombardamenti (il 9 febbario 1941, in viaggio per la trasferta di Spezia, i ragazzi di Baloncieri sono bloccati in stazione dalle bombe della flotta britannica, arriveranno al campo in ritardo di parecchie ore riuscendo comunque a vincere 4 a 1), sarà nuovamente un successo con il primo posto in serie B e la promozione diretta. Il Genoa invece nella stagione 1939/1940 terminerà quinto e saluterà per la seconda volta il suo profeta Garbutt, capace in due anni di riportare il Grifone a lottare per le posizioni di vertice.
L’allenatore del Genoa nel campionato 1940/1941 sarà la bandiera Ottavio Barbieri e raccoglierà un anonimo decimo posto. Quello stesso anno l’Andrea Doria non riesce ad iscriversi al campionato di prima divisione ed è momentaneamente costretta a sciogliere il sodalizio. I tempi sono duri per tutti, siamo nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, il calcio tuttavia non si ferma e gli ultimi due campionati di guerra, prima dello stop forzato del 1943, vedono il Genoa risalire nuovamente la classifica sino a due dignitosissimi quarto e quinto posto, mentre i rossoneri portano a casa la salvezza senza troppi patemi il primo anno e chiudono con un pessimo rendimento nel girone di ritorno l’ultimo campionato, fanalino di coda a 21 punti, tuttavia senza retrocedere, in quanto i verdetti sportivi in coda alla classifica vengono dichiarati nulli dalla Federazione. L’obiettivo sarebbe stato quello di proseguire con un torneo a gironi regionali unendo serie A e B ed evitando le trasferte troppo rischiose con l’avanzare del conflitto. Ma il progetto naufraga e tutto viene rimandato a data da destinarsi. Tuttavia, in una città devastata dai bombardamenti, il calcio non va del tutto in letargo. Si prova a giocare ugualmente e viene organizzata la Coppa Città di Genova a cui partecipano, con squadre raffazzonate, sia il Genoa che l’AC Liguria. In contemporanea, sul finire del 1944 quando si intravedono all’orizzonte i primi spiragli di pace, il vecchio e nostalgico dirigente doriano Renato Canale riesce a convincere la Società Ginnastica Andrea Doria a riaprire la sezione calcio con l’obiettivo di presentare la propria candidatura alla ripartenza dei campionati chiedendo giustizia dopo il sopruso patito per mano del regime. Canale va fino in fondo, offre la presidenza onoraria alla bandiera Francesco Calì e riunisce un direttivo di grande solidità economica formato, fra gli altri, dai genovesi Aldo Parodi e Piero Sanguineti futuri protagonisti della nascita della Sampdoria (vai all’articolo successivo). Quella di Canale e compagni è una mossa di grande lungimiranza, dettata certamente dal cuore, ma anche dall’intuizione che la fine della guerra e la conseguente caduta del regime avrebbe portato con sé grandi opportunità di rilancio per la Doria.