Cerca
Close this search box.

Genoa, Doria e Samp: la storia del calcio a Genova

Cinquant’anni di storia del calcio genovese, dai pionieri inglesi del Genoa sino alla nascita della Sampdoria. Un viaggio agli albori del football, i personaggi e le cronache del tempo, i derby storici fra Genoa e Andrea Doria degli anni ’10, il Grande Genoa degli anni ’20, gli anni d’oro della Sampierdarenese, l’avvento del professionismo e del calcio moderno. Articoli, immagini e video

Genova antica, via Milano Siamo negli anni ’80 del XIX secolo, la storia del calcio a Genova inizia in porto. È il gioco degli inglesi, degli equipaggi delle navi a vapore e degli operai delle ferriere. La colonia britannica a Genova in quegli anni è in grande espansione, figli di Sua Maestà nel pieno del vigore atletico, marinai di passaggio e lavoratori trasferiti a Genova in pianta stabile. Le squadre nascono fra le banchine e nelle officine, si sfidano nella piazza d’armi di Sampierdarena, la “Manchester d’Italia” come veniva chiamata a quei tempi, allora ancora comune indipendente, separato da Genova dal promontorio di San Beningo sul quale si staglia la Lanterna. Genovesi e sampierdarenesi del football non sanno nulla, in Italia è uno sconosciuto. Frequentano la piazza d’Armi per le loro esercitazioni ginniche, dividono il campo con i footballer, diventano prima spettatori e con il tempo iniziano a praticare.

Nel 1893 un gruppo di benestanti signori inglesi, ormai stabiliti a Genova da qualche anno per il fiorire degli affari, fonda il Genoa Cricket and Athletic Club. Uniti dalla passione per lo sport, il loro scopo è principalmente quello di praticare i giochi nobili inglesi, il cricket, il tennis, l’atletica. Ma come era già accaduto e come stava accadendo in tutte le grandi città portuali europee, il calcio attirava l’attenzione dei più giovani ed era destinato a fiorire tanto che, tre anni più tardi, sarà proprio il football lo sport più praticato dai soci del Genoa. Parlano inglese e sono guidati dal grande pioniere del calcio italiano James Richardson Spensley. Fra di loro c’è un ragazzo nato a Genova, si chiama Edoardo “Dadin” Pasteur, diventeranno leggende rossoblu: «Allora il campo del Genoa era la Piazza d’Armi di Sampierdarena. Non c’erano le porte, venivano fatte con pietre o con i nostri indumenti. Solitamente si giocava il sabato, all’uso inglese, e le squadre venivano reclutate dal compianto dottor Spensley dai vapori all’ancora nel porto o tra gli operai inglesi delle Ferriere Bruzzo. Io ero l’unico giocatore nato a Genova, un oriundo alla rovescia». Il Genoa è il club più antico d’Italia fra quelli in attività. Autentico pioniere del calcio, quando nel 1898 vinceva il primo campionato italiano della storia, nel Bel Paese impazzavano i motti popolari sedati dall’esercito regio con balistite e cannoni ad alzo zero, l’Italia usciva incerottata dalla fallimentare politica del governo Crispi. Genova era una città in ripresa economica, con la rapida espansione dell’industria a Sampierdarena e le alte ciminiere che si stagliavano all’orizzonte liberando fumo nero nel cielo. Sulle strade viaggiavano i tramway e si vedevano muli, cavalli e carrozze, Via Venti Settembre era ancora un progetto da terminare.

I primi cinquantanni di storia del calcio a Genova iniziano con la fondazione del Genoa e si chiudono con la nascita della Sampdoria. Un periodo storico che attraversa la belle époque, la Grande Guerra, il Fascismo e la Seconda Guerra Mondiale e che vede la crescita progressiva del football genovese da sport d’élite a grande passione popolare. Le tre protagoniste di questi cinquantanni di storia sono il Genoa, l’Andrea Doria e la Sampierdarenese. Una corsa a tre che forgia la rivalità cittadina e anima lo spirito cavalleresco dei tempi, una corsa ricca di personaggi e storie entusiasmanti che si chiuderà nel 1946, quando con la nascita della Sampdoria, Unione Calcio Sampierdarenese Doria, evolverà nel testa a testa che dura sino ai nostri giorni.

Grazie a grandi giornalisti, appassionati e custodi della memoria calcistica genovese come Gianni Brera, Edilio Pesce, Nino Gotta, Michelangelo Dolcino, Pino Boero solo per citarne alcuni e al lavoro svolto negli anni dalla Fondazione Genoa 1893, abbiamo la possibilità di rivivere anni che ormai nessun testimone oculare può raccontare. Fotografie e cronache dell’epoca restituiscono il sapore del calcio genovese degli esordi. Gli storici derby degli anni ’10 fra Genoa e Doria, giocati a Ponte Carrega, a San Gottardo e alla “Cajenna” il mitico campo dell’Andrea Doria a ridosso delle carceri di Marassi, sono seguiti da un numero sempre crescente di genovesi. Non si chiamano ancora “tifosi”, ma possiamo chiamarli già genoani e doriani.

Nel 1911 il Genoa si trasferisce a Marassi, il nuovo campo si trova accanto alla “Cajenna” doriana. Il socio rossoblu Musso Piantelli cede il terreno di sua proprietà sino ad allora adibito a galoppatoio per realizzare lo stadio del Genoa. Nasce così la leggenda del campo di Marassi, il più antico stadio di calcio in Italia che nel 1933 sarà intitolato alla memoria di Luigi Ferraris, calciatore rossoblu caduto in guerra. Il nuovo campo e la “Cajenna” doriana sono divisi da uno steccato, Marassi diventa il centro nevralgico del calcio genovese e vengono organizzati tram speciali nei giorni delle partite. Il calcio sta diventando adulto e il Genoa è ancora una volta pioniere. I padri fondatori rossoblu, che avevano vinto l’ultimo campionato italiano nel 1904, vogliono tornare a vincere e guidano la ricostruzione del club. Il Genoa ingaggia il primo allenatore professionista della storia del calcio nostrano, si chiama William Garbutt, ma a Genova per tutti è “mister” Garbutt. Da quel momento l’appellativo inglese è sinonimo di allenatore ed è il termine che usiamo ancora oggi su tutti i campi italiani. La dirigenza gli affida il meglio del calcio italiano e genovese, dal Milan arriva il “figlio di Dio” De Vecchi per 24000 lire e con due assegni a tre zeri vengono strappati alla Doria i gioielli Sardi e Santamaria. Il Genoa è precursore del professionismo, un vero e proprio delitto per quei tempi, quando in Italia ancora dominava l’ideale del dilettantismo olimpico. Il caso di tradimento di Sardi e Santamaria fa scalpore, il banchiere genovese a cui Sardi chiede di pagare l’assegno ricevuto dal Genoa è un tifoso doriano che in gran segreto informa i vertici dell’Andrea Doria. Lo scandalo sconvolge il calcio genovese e nazionale e il Genoa, per il quale viene addiritura chiesta la radiazione, deve difendersi. Ma la strada verso il futuro è ormai segnata e i rossoblu tornano protagonisti. L’ultimo campionato prima della guerra è interrotto all’ultima giornata e vede il Genoa a un punto dal trionfo. La vittoria gli sarà riconosciuta a tavolino solo nel 1921.

Dopo la pausa per la guerra, il calcio genovese riparte con entusiasmo e conosce un’epoca d’oro. Il Grande Genoa tutto genovese di mister Garbutt, di De Prà, De Vecchi, Burlando, Barbieri, Catto, Sardi e Santamaria è la squadra più forte d’Italia e vince due campionati di fila, nel 1923 e nel 1924, il primo senza mai conoscere sconfitta. Saranno gli ultmi due scudetti rossoblu. L’Andrea Doria si conferma fucina di calciatori valorosi ed è protagonista di buoni campionati, la Sampierdarenese di casa nel nuovo campo di Villa Scassi conquista un posto fra i grandi e sfiora l’impresa nel 1922 quando, nel campionato della storica scissione con i grandi club che escono dalla Federazione e organizzano un campionato parallelo, perde il titolo di campione d’Italia in finale contro la Novese, una partita pesantemente condizionata da errori arbitrali che mandano su tutte le furie i Lupi di Sampierdarena. Sono gli anni dei primi treni speciali di tifosi a seguito della propria squadra, il primo di cui si ha notizia parte da Genova direzione Padova per la partita decisiva che riporta il Genoa sul tetto d’Italia.

Il 1925 è l’anno dello “scudetto delle pistole”. La finale del girone nord fra Genoa e Bologna viene ripetuta ben cinque volte e succede di tutto dentro e fuori dal campo, dal gol fantasma del terzo incontro che nega la vittoria sul campo al Genoa del decimo scudetto sino ai colpi di pistola dal convoglio dei tifosi bolognesi alla stazione di Torino. Si decide a porte chiuse in piena estate con la vittoria che va al Bologna. Due anni più tardi viene imposto dal Fascismo lo scioglimento dell’Andrea Doria, in una notte nefasta spariscono sia lo storico club genovese che il campo della “Cajenna”. I fascisti vogliono solo due squadre a Genova, ora controllano la Sampierdarenese e inscenano la fusione con la rivale doriana. La nuova creatura si chiamerà La Dominante, ma sarà ignorata dai tifosi sia sampierdarenesi che doriani e in quattro anni retrocederà dalla serie A alla serie C.

I gerarchi fascisti tornano con la coda fra le gambe e chiedono allo storico nucleo di dirigenti sampierdarenesi capitanati da Luigi Cornetto di riprendere il timone e salvare le sorti della società. Ma per Cornetto e compagni l’unica condizione è che torni a chiamarsi Sampierdarenese. Il club risorge, i suoi tifosi tornano allo stadio e i Lupi sono protagonisti di una storica cavalcata che in soli tre campionati li porta dalla serie C alla serie A con tanto di bagno di folla per gli eroi rossoneri in piazza Vittorio Veneto. Siamo ormai agli albori del calcio moderno, il Genoa del goleador Levratto si regala anche il bomber del primo Mundial, Guglielmo Stabile che sbarca a Genova come una star salutato dai tifosi. Dopo la clamorosa tripletta all’esordio, il campione argentino complice un grave infortunio non riuscirà ad imporsi. Nel 1933 i rossoblu festeggiano il quarantennale nel rinnovato stadio di Marassi che viene intitolato a Luigi Ferraris in una cerimonia che vede la partecipazione di oltre 20000 tifosi. Le aspettative sono alle stelle, eppure arriva inaspettata la prima retrocessione in serie B. Sarà solo un anno di purgatorio, i rossoblu tornano nel massimo campionato da protagonisti, vincono la Coppa Italia e con il ritorno di Garbutt in panchina giocano la Coppa Europa. Nel frattempo la Doria risorge dalle ceneri e riparte dalle serie minori.

Una nuova imposizione del regime decide il cambio di denominazione della Sampierdarenese in AC Liguria. Ma questa volta è solo una mossa di facciata e i tifosi rossoneri restano al fianco dei Lupi che in campionato si levano grandi soddisfazioni, come lo storico quinto posto del 1938/39, gli scalpi di Inter, Roma e del Grande Torino e il derby vinto a Marassi contro il Genoa. L’entusiasmo è alle stelle, ma la guerra di lì a poco avrebbe messo in ginocchio la città. L’ultimo Genoa di Garbutt prima della pausa dei campionati è forte e illude in più di un’occasione i tifosi nella rincorsa al tanto sognato decimo scudetto. Alla ripresa dopo la guerra inizierà la nuova era del calcio genovese. Il 1946 è l’anno della fusione fra Sampierdarenese e Andrea Doria che da vita alla Sampdoria, l’anno del primo derby della Lanterna a Marassi davanti a 40.000 persone con i tifosi genoani che prendono posto in Gradinata Nord e i sampdoriani in Gradinata Sud. Quella domenica, era il 3 novembre, segna un prima e un dopo nella storia del calcio a Genova.

A cura di Gabriele Serpe

Bibliografia:

  • “Genoa, doria, samp & dintorni: Genova Calcio”, autori vari
  • “Una storia biancorossonera: il calcio a Sampierdarena dal tempo dei pionieri del Liguria alla Sampdoria” di Gino Dellachà
  • “Caro vecchio balordo: la storia del Genoa dal 1893 a oggi” di Gianni Brera
  • “Ciao Genoa: cent’anni di storia rossoblu” di Edilio Pesce
  • “Football 1898-1908: l’età dei pionieri”, catalogo della mostra curata dalla Fondazione Genoa 1893
  • “Il derby infinito: curiosità, aneddoti, memorie, notizie e foto di 100 anni di Stracittadina della Lanterna” di Renzo Parodi
error: Content is protected !!