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Genova Centro Storico: il sestiere della Maddalena e Strada Nuova

La storia del Sestiere della Maddalena, Strada Nuova, Sottoripa, San Luca e Soziglia, Viaggio nel tempo e nel cuore della Superba
(Genova Centro Storico: “Un Quartiere Genovese”, documentario del 1948)

Il sestiere della Maddalena è uno dei sei antichi rioni che costituiscono il tessuto urbano del centro storico di Genova; per quanto conservi nell’aspetto tutte le caratteristiche tipiche della città vecchia, la zona ha subito nei secoli molte trasformazioni che l’hanno portata ad avere l’immagine con cui si presenta a noi oggi. Il sestiere confina a sud col sestiere del Molo, a est con quello di Portoria, a nord con S.Vincenzo e a ovest con Pré. Questa parte di città si sviluppò, come spesso accade per gli insediamenti umani, come borgo intorno ad una zona di passaggio: la strada romana che collegava il ponente al levante transitando fuori dalla città.

Quella che oggi è Via della Maddalena si trovava al di fuori della cinta muraria del IX secolo, e metteva in comunicazione  i tratti di strada rappresentati da Via S.Luca e Via S.Vincenzo, con un percorso diretto che evitava di dover passare dal centro città attraversando le porte. Crescendo a un tempo la dimensione della città e quella degli insediamenti extraurbani, il non ancora sestiere si trovò ad essere inglobato nel sistema urbano in epoca medievale, con l’erezione delle mura del Barbarossa nel XII secolo.

SOTTORIPA

Partendo dalla costa, il sestiere comprende un’ampia porzione dei portici di Sottoripa (la parte più a est appartiene al sestiere del Molo), precisamente quella tra Via al Ponte Reale e Via al Ponte Calvi. Protetta dal porticato e da argini che impedivano al mare di giungere alla strada, Sottoripa, il cui toponimo ne indica la posizione rispetto al mare, esisteva già nel XII secolo – è il più antico sistema di portici pubblici in Italia – e i documenti attestano l’elezione a Console del Comune nel 1150 di un Guglielmo della Riva che abitava proprio qui. La via era un susseguirsi di botteghe, secondo lo schema costruttivo che prevedeva il negozio al pian terreno e l’abitazione al primo piano. Chi vi aveva bottega era tenuto, per decreto comunale, a provvedere alle spese di manutenzione della propria porzione di portico, ottenendone in cambio il diritto di avere l’abitazione sopra il negozio e l’esenzione dalle tasse per l’eventuale ampliamento dell’immobile. Il decreto di costruzione di Sottoripa indica con precisione modalità e misure dei costruendi portici, dimostrando una cura estrema nella realizzazione di un’architettura fronte a mare, prima cosa che si mostrava alla vista di chi giungeva in porto. Con questa costruzione il luogo, già trafficato per ovvi motivi legati alle attività portuali, divenne uno dei punti più frequentati della città, ricco di traffici, scambi, fondaci e con il grande vantaggio di essere riparato dalle intemperie perché coperto. Con la costruzione delle mura a mare nel XVII secolo Sottoripa perse il suo rapporto naturale con il mare, perché ne venne separata: le mura elevarono una barriera tra il porto e la città (barriera che in modi diversi continua ad esistere attraverso le epoche fino al restyling del ’92). Quando nell’Ottocento venne realizzata Via Carlo Alberto (poi Via Gramsci), la palazzata di Sottoripa tornò ad essere fronte a mare, almeno visivamente, visto che ormai a separarla dall’acqua erano diversi metri di strada e tonnellate di materiale di riempimento. La sua lunghezza complessiva si aggira intorno ai 900 metri, ma la continuità è stata spezzata più volte nel corso del tempo: prima dagli interventi urbanistici ottocenteschi, che implicavano una nuova suddivisione degli spazi urbani per cui la zona del porto non era più all’altezza di rappresentare la città, e con le sue caratteristiche sempre più spiccatamente industriali si avviava ad essere piuttosto uno sfondo da nascondere, mentre la società borghese spostava le proprie residenze sulle eleganti colline di Castelletto e Albaro e il rapporto naturale e diretto città-mare si interrompeva per sempre[1]; poi dall’edilizia contemporanea che ha inserito, dopo la Seconda Guerra, un grattacielo in stile razionalista[2] nel tessuto antico, proprio nella parte di via di pertinenza del sestiere Maddalena, alterando irrimediabilmente la coerenza visiva dell’insieme. Di fronte a Sottoripa è il largo spiazzo di Caricamento, realizzato con riempimenti a mare nell’Ottocento (e con la demolizione degli antichi magazzini del grano e del palazzo dei Padri del Comune). La zona prese il nome che ancora oggi conserva solo a partire dal 1853, quando vi giunse un ramo della ferrovia Torino-Genova e divenne punto di carico e scarico merci. Di fronte a Caricamento è il cuore del Porto Antico, un tempo centro dell’attività mercantile genovese, oggi completamente consacrato al turismo e allo svago. La parte che rientra nei confini del sestiere comprende ponte degli Embriaci e ponte Spinola, dove adesso si trovano il Bigo di Renzo Piano e l’Acquario; tutte le preesistenze portuali rinvenute durante le operazioni di restyling nel ’92 sono state lasciate a vista, facendo sì che convivano le più moderne architetture con i resti delle antiche calate, con una giustapposizione che rivela tutta l’antichità di questi luoghi.

Risalendo Via al Ponte Reale si percorre la linea divisoria tra Maddalena e Molo: Piazza Banchi, Via Orefici, S.Matteo (per le quali rimandiamo al testo sul sestiere del Molo). Tra le ultime due, Piazza Campetto, il cui nome ricorda i tempi in cui era un piccolo terreno coltivato al di fuori delle mura, poi detta per un periodo Campo dei fabbri dal mestiere di coloro che qui avevano bottega; spesso sulle piazze insistevano edifici tutti di proprietà della stessa famiglia, e Campetto non fa eccezione, visto che qui si concentravano i membri della famiglia Imperiale. Oltre al palazzo di Gian Giacomo Imperiale con collegamento diretto a Piazza S.Lorenzo, è qui il palazzo di Ottavio Imperiale, detto Palazzo del Melograno (oggi sede di un grande magazzino) che conserva ancora al pian terreno un magnifico ninfeo con statua di Nettuno. La fontana di Campetto è l’antico barchile seicentesco originariamente sito in Ponticello, dove si rifornivano le portatrici d’acqua e si riunivano le erbivendole. Smembrata a inizio Novecento con le rivoluzioni che portarono alla scomparsa di Ponticello, la fontana fu ricomposta proprio qui dove la si vede ancora adesso.

GENOVA, CENTRO STORICO: STRADA NUOVA

Strada Nuova (in origine Aurea) rappresenta uno dei gioielli più preziosi del centro storico, tanto da essere stata inserita nella sua interezza tra i beni del Patrimonio Unesco [3] per pregio artistico e per la perfetta conservazione del suo aspetto originale che ne fa una testimonianza storica di inestimabile valore. Palazzo Tursi, Palazzo Bianco, Palazzo Rosso. Con le sue peculiarità costruttive inaugura di fatto l’architettura urbana moderna in Europa. Pieter Paul Rubens, in viaggio a Genova, ne realizzò disegni accuratissimi raccolti in una pubblicazione (1622) intitolata “Palazzi di Genova” che contribuì non poco a diffondere la conoscenza della città e il modello architettonico genovese in tutta Europa. La strada fu un’operazione urbanistica di radicale rinnovo, poiché il tracciato fu realizzato su un’area dove sorgevano case popolari, botteghe e il postribolo pubblico, che fu spostato altrove.

Nella seconda metà del Settecento il progetto fu completato con l’apertura di Piazza della Meridiana (dall’orologio solare sulla facciata dell’edificio omonimo – di proprietà dei Grimaldi – che insiste sulla piazza) e Strada Nuovissima[4] (ora Via Cairoli) che provvidero al collegamento con Via Balbi (rimandiamo al testo sul sestiere di Pré), analoga per impianto e sontuosità. Per capire quanto peculiari siano le caratteristiche dell’orografia locale, basti pensare che edifici come il Palazzo della Meridiana trovano uno sfogo esterno nella realizzazione di giardini pensili addossati alla collina[5].

SAN LUCA E LA MADDALENA

Vicino a Banchi si trovano due vicoli dai nomi interessanti: Vico delle Mele e Vico dell’amor perfetto. Il primo è oggi sede di una serie di iniziative per il recupero e la vivibilità del sestiere, un tempo invece era zona di abitazione di famiglie patrizie, e i palazzi ancora portano i segni della magnificenza di allora, con interni decorati dai più grandi artisti genovesi e non. Sulle facciate esistono ancora le tracce dei ferri usati per legare i cavalli, prova ulteriore della loro antichità. Il secondo era residenza dei Finamore, inscritti all’albergo Usodimare[6] a partire dal ‘500, ma come si sia giunti al nome che si legge ancora adesso sulle targhe non è noto; una leggenda popolare lo associa ad una triste storia d’amore, altri lo attribuiscono alle case di tolleranza che vi si trovavano.

Da Banchi parte inoltre una delle vie principali della Maddalena: quasi parallela alla via di Sottoripa, Via S.Luca è più ampia rispetto ai vicoli circostanti e dal tracciato più regolare; su di essa affacciano maestosi palazzi cinquecenteschi che nella loro monumentalità, a fatica contenuta in un tessuto viario così ridotto, dimostrano tutte le difficoltà ma anche gli effetti suggestivi di un adeguamento architettonico effettuato su preesistenze medievali. Quella di S.Luca costituisce una delle più antiche contrade genovesi: nel 1188 Oberto Spinola fece erigere la chiesa gentilizia dedicata a S.Luca nel luogo dov’è oggi, ed essa diede il nome alla zona. Gli edifici più antichi della via risalgono proprio a quell’epoca, compresa la casa-torre medievale degli Spinola in Vico alla Torre di S.Luca. A partire dal ‘300 qui si concentrarono le dimore di diverse famiglie aristocratiche quali Spinola, Grimaldi, Lomellini, Pinelli. Qui (e in Via Luccoli) continuò ad abitare nel Cinquecento quella parte di nobiltà che non si era trasferita in Strada Nuova. La via era a porticati per i pedoni, così che nel centro potessero agevolmente passare le cavalcature. La direttrice viaria continua di fatto con Via del Campo e Via Pré, ed era il percorso che portava fuori dalle mura attraverso Porta dei Vacca, proseguendo poi verso il ponente e Sampierdarena[7]. A nord di via S.Luca cominciava la contrada dei Grimaldi, tanto che Vico S.Luca ne faceva già parte ed era piazzetta privata della famiglia. A pochi passi di distanza è Piazza Pellicceria, dove si trova Palazzo Spinola, museo-dimora donato dai marchesi Spinola allo Stato nel 1958 e oggi sede della Galleria Nazionale omonima[8].

Da Campetto si giunge facilmente alla Chiesa di S.Maria delle Vigne, circondata da piazza e vicoli omonimi. Come si intuisce dal nome, nacque fuori dalla cinta muraria in una zona coltivata a vigneti che si estendeva tra l’allora cattedrale di S.Siro (anch’essa fuori le mura) e la zona di Soziglia, dove scorreva un rivo che irrigava gli orti. Costruita nel Mille su una primitiva chiesa del VI secolo, la struttura si trovò ben presto inglobata nella città che cresceva, e divenne parrocchia (1147), assumendo una sempre maggiore importanza per l’abitato circostante, poiché deteneva non solo funzioni religiose ma anche amministrative. Rimaneggiata attraverso i secoli adattandola via via agli stili in voga (rinascimentale, barocco, neoclassico) gli interventi non hanno mai toccato il campanile, che si erge ancora nelle sue fattezze originarie di stile romanico. Proseguendo lungo la zona di demarcazione Maddalena-Molo, si incontra Via di Soziglia: qui intorno al XII secolo scorreva il rivo succitato e un fossato portava al mare le acque delle fontane marose poco distanti, finché nei secoli successivi non vennero incanalati in tubazioni che si gettavano in mare; il luogo era sede di un mercato dove si vendeva principalmente pollame. Più anticamente ancora il mare si insinuava fino a qui, e il suffisso del termine antico, suseia, rimanderebbe al persiano e significherebbe “porto”. La vicina Via dei Macelli di Soziglia è uno dei tanti esempi in cui il toponimo rimanda direttamente ai mestieri della città antica e quindi alla storia: da metà 1100 fino a tutto il ‘400 la macellazione pubblica avveniva al piano terra di uno degli edifici della via, che ancora oggi conserva la tradizione di ciò che fu con le macellerie che qui hanno sede.

Da Soziglia inizia Via Luccoli, la quale – prima che venisse allargata Piazza Fontane Marose – si immetteva direttamente in Salita S.Caterina. Il nome della via deriva dal lucus pagano, bosco sacro in epoca pagana appunto, dedicato a Diana, dea dei boschi; qui infatti si estendeva una macchia piuttosto ampia, inizialmente fuori dalle mura medievali, poi ricompresa nella cinta muraria cinquecentesca e infine disboscata nel ‘600. Sbocco della strada è Piazza Fontane Marose, risultato della sistemazione urbanistica cinquecentesca in cui viene aperta Strada Nuova (oggi Via Garibaldi). Prima di tali interventi il luogo delle Fontane Marose risulta indicato nei documenti come contrada indipendente: fu il coinvolgimento nella realizzazione dell’imponente asse viario che lo rese punto di snodo e ne decretò l’allargamento. La piazza è un concentrato di magnificenti palazzi nobiliari delle più importanti famiglie dell’epoca (Spinola, poiché qui si estendeva la loro contrada, Interiano, e poi Centurione, Grimaldi), che insieme a quelli altrettanto imponenti di Strada Nuova avevano il preciso scopo di rappresentare degnamente la potenza dell’aristocrazia cittadina, capitanata dall’autorevole figura di Andrea Doria. Riguardo al nome della piazza esistono diverse interpretazioni poiché la denominazione è stata cambiata almeno tre volte: amorose, morose, marose, ma il termine corretto è soltanto l’ultimo, come testimoniano gli atti pubblici più antichi e due antiche lapidi murate all’angolo di Palazzo Pallavicini (una del 1206 e una del 1427); va ricordato che anticamente il mare era vicino abbastanza da essere visibile dalla piazza, e alcuni studiosi attribuiscono proprio a questo fatto il nome delle fontane. Qui sgorgava dunque una fonte per la quale nel 1206 venne costruita la fontana apposita – poi abbellita nel ‘500 con un progetto dell’Alessi – dove ora è Via Interiano; all’apertura della via nel 1849, venne demolita. Era alimentata da sorgenti provenienti dalla Valle Bachernia (cioè la vicina collina di S.Anna, che prese il nuovo nome a fine ‘500 da un convento costruitovi) che riempivano una larga cisterna profonda ben 17 metri, che fu interrata con la costruzione della strada ed esiste ancora oggi sotto il fondo stradale. Nell’Ottocento qui arrivava la diligenza a quattro cavalli che recava la posta, e nel 1831 furono collocate verso Via Luccoli le ringhiere chiamate popolarmente “ferri della posta”. Il servizio fu mantenuto fino al 1880, quando gli uffici postali furono trasferiti nella nuovissima Galleria Mazzini. A pochi passi, Piazza Portello testimonia i tempi in cui le mura (metà XIV secolo) venivano attraversate in questo luogo da una piccola porta, che immetteva in una campagna ricca di ville e insediamenti sparsi intervallati da ampie distese coltivate ad orti e uliveti. La zona non subì cambiamenti radicali fino a metà Ottocento, quando nell’ambito della rivoluzione urbanistica (vai al documentario “Genova nell’800”) si aprì Via Caffaro, si ampliò la piazza demolendo mura ed edifici, e si procedette alla copertura del rio Bachernia che lì scorreva; l’arrivo della funicolare di S.Anna e l’apertura delle due gallerie Zecca-Portello[9] e Portello-Corvetto diedero al luogo l’aspetto che gli è proprio ancora oggi. Nella vicina Salita delle Battistine dimorò il celebre filosofo Friedrich Nietzsche, durante il suo soggiorno genovese tra 1880 e 1881.

Con andamento quasi parallelo alla direttrice Garibaldi-Cairoli è quella, più interna e più antica, di Via della Maddalena, dove si trova la chiesa omonima che dà nome al sestiere. Le sue origini si perdono nel tempo, e la si trova citata già negli Annali del Caffaro per via di un incendio che subì nel 1140. Come precedentemente detto, la via faceva parte di un’extraurbana d’epoca romana, e non troppo distante dalla chiesa doveva trovarsi il postribolo medievale spostato a Castelletto con il rinnovo urbanistico cinquecentesco. Dalla Maddalena parte una salita – nominata prima Via ai quattro canti di S.Francesco e poi Salita di S.Francesco una volta superata la Meridiana – che conduce con un paio di tornanti alla collina retrostante, precisamente alla spianata di Castelletto; la sede dell’antichissima roccaforte difensiva faceva infatti parte del sestiere (il nome di questa salita è legato all’antica presenza di una chiesa, proprio a Castelletto, intitolata al santo).

L’antichissima Chiesa di S.Siro, a poca distanza, vanta il pregio di essere stata la prima cattedrale genovese: fu eretta tra IV e V secolo e inizialmente intitolata ai Dodici Apostoli. Secondo gli studi doveva trovarsi in un primo momento all’interno della zona urbanizzata (anche perché poco senso avrebbe avuto una cattedrale fuori dalla città) per poi rimanerne esclusa in seguito allo spopolamento avvenuto nell’alto medioevo, ritrovandosi fuori dalle mura del IX secolo e perdendo così la cattedralità in favore di S.Lorenzo, dentro le mura e quindi più sicura. Fu dedicata al vescovo genovese Siro, poi santificato, ricordato per molti miracoli tra cui quello, operato proprio a Genova, della cacciata del basilisco dal pozzo[10].

La direttrice della Maddalena invece prosegue e giunge in Piazza Fossatello, dove il sestiere termina con una perpendicolare che verso il mare prende il nome di Via al Ponte Calvi e verso l’interno Via Lomellini. In Fossatello scorreva uno dei tanti rivi che attraversavano la zona, scendendo dalla collina di Castelletto; già citata in documenti notarili del XII secolo, nel ‘300 la piazza ospitava dei bagni pubblici, che per ovvi motivi venivano sistemati vicini a fonti d’acqua, e per secoli fu luogo di mercato, dove si riunivano le besagnine a vendere frutta e ortaggi. Vi era anche una fontana poi spostata nel 1870 in Piazza Bandiera. In Via di Fossatello sono presenti alcune ampie arcate murate che un tempo facevano parte di una loggia e che illustrano il costume, anticamente molto diffuso, dei nobili appartenenti a diverse  famiglie, di riunirsi sotto i portici, e lì discutere accordi mercantili o politici. Non lontano è piazza S.Pancrazio con relativa chiesa, attestata nei documenti fin dal 1019. Nel XII secolo esisteva nei pressi della chiesa uno scalo per lo scarico merci, dimostrazione di quanto più vicino fosse il mare rispetto a oggi.

Lo stesso rivo, prima di giungere in Fossatello, scorreva lungo l’odierna Via Lomellini, finché non venne coperto con la sistemazione stradale. La strada è intitolata alla ricchissima famiglia Lomellini che vi possedeva diversi edifici e che contribuì con cospicue somme all’erezione della vicina Chiesa dell’Annunziata. Al civico 21 si trova la casa natale di Giuseppe Mazzini, che oggi ospita il Museo del Risorgimento.

 Claudia Baghino


[1] Dimostrazione ne è il fatto che a metà ‘800 vennero realizzate delle lunghe terrazze a mare, sopraelevate, che compivano grosso modo il tragitto oggi coperto dalla sopraelevata nel tratto di fronte a Sottoripa, munite di portici occupati da botteghe, e con una copertura calpestabile che le rese presto una delle passeggiate urbane più frequentate. Di fatto la loro struttura copriva totalmente la vista di Sottoripa dal mare, facendo da cesura tra porto e città; inoltre i varchi erano controllati e questo permetteva un più agevole controllo delle merci in entrata e uscita dalla zona portuale, soggette ovviamente a regime daziario. Furono demolite nel 1883 per ampliare via Carlo Alberto in relazione al continuo aumento del traffico su strada. Verso fine ‘800 fu eseguito anche un primo restauro dei portici della ripa, ma secondo le modalità tipiche del restauro ottocentesco: poco o nessun rispetto per le preesistenze e la loro conservazione, sostituite invece da rifacimenti ex novo in stile.

[2] Proprio di fronte a tale edificio è la statua all’armatore genovese Raffaele Rubattino (1810-1881), uno dei padri storici dell’armamento navale commerciale e industriale italiano, cominciato proprio a Genova. Fu inoltre patriota: molto vicino a Cavour e Bixio, fu lui a fornire le navi a Garibaldi per la spedizione dei Mille. Nel 1894 fu fondata a Genova, intitolandola alla sua memoria, la Società Ginnastica Rubattino. L’opera (1889) è dello scultore Augusto Rivalta.

[3] Oggi la via ospita i Musei di Strada Nuova e la sede del Comune, fissata a Palazzo Tursi fin dal 1850. Il sistema dei Rolli serviva per organizzare l’ospitalità di personaggi eccellenti ai tempi della Repubblica. I Rolli erano letteralmente rotoli contenenti liste di palazzi delle famiglie aristocratiche considerati degni di accogliere ospiti illustri. Gli elenchi erano suddivisi per categoria, più importante era l’ospite in arrivo e più alta era la categoria da cui veniva estratto il palazzo, e quindi la famiglia, che si doveva sobbarcare onori ed oneri dell’ospitalità. Quando l’imperatore Carlo V, nel 1533, giunse a Genova, era scontato che fosse ospite del personaggio più influente della Repubblica, colui che deteneva di fatto il comando della città: l’ammiraglio Andrea Doria – artefice dell’alleanza con la Spagna – che accolse l’imperatore nella sua dimora appena fuori città, la magnifica villa di Fassolo.

[4] In un palazzo della via abitò e organizzò la spedizione dei Mille Agostino Bertani.

[5] Terrazzata e ornata di ninfei, grotte artificiali, voliere, giochi d’acqua e una varietà di essenze tra cui i profumi tipici della riviera come aranci e limoni.

[6] Celebre esponente della famiglia fu Antoniotto Usodimare, che a metà Quattrocento, insieme al veneziano Alvise Cadamosto esplorò, per conto dei regnanti portoghesi, i territori del fiume Gambia in Africa.

[7] In S.Luca al n.6 si trova inoltre un appartamento dove si ritrovavano segretamente per le loro riunioni Giuseppe Mazzini e i promotori dell’insurrezione repubblicana.

[8] Il palazzo, che fa parte dell’elenco dei Rolli, fu edificato dai Grimaldi a fine ‘500. Passato successivamente agli Spinola, che continuavano a viverci ancora nel dopoguerra, la donazione avvenne con la clausola imprescindibile che gli interni dell’edificio non venissero toccati e tutti gli arredi e le opere rimanessero esattamente com’erano quando il palazzo era abitato. Ecco perché si chiama museo-dimora.

[9] Largo della Zecca, cui si giunge attraverso una delle due gallerie, rimanda al fatto che qui per cinquant’anni (1810-1860) furono le officine per il conio delle monete d’oro e d’argento.

[10] Leggenda vuole che un basilisco, incarnazione del demonio, si fosse annidato in un pozzo in città diffondendo col suo alito la peste tra gli abitanti. Chiamato in soccorso dei cittadini, S.Siro si recò al pozzo dove ordinò al basilisco di gettarsi in mare, liberando così la città. La storia viene letta come una parabola del cristianesimo che caccia l’eresia ariana.

Cosa vedere a Genova

Musei di Genova

Museo di Sant'Agostino di Genova

Percorsi e Video guide

Genova Quinto, veduta dal civico 3 di via Gianelli

Palazzi dei Rolli

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