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Lanterna di Genova: faro e simbolo della città

Dal 1128 la Lanterna è il faro del Porto di Genova. Un ampio approfondimento storico sul faro dei genovesi
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La Lanterna di Genova è da sempre il simbolo della città, la costruzione che la identifica topograficamente fin dal Trecento, e la sua immagine corredata dello stemma comunale (dipinto sulla parte inferiore della torre nel 1340) si ripete in tutte le antiche mappe geografiche e carte nautiche. Si staglia sulla piccola collina che un tempo costituiva la propaggine ultima dell’imponente promontorio – detto Capo di Faro o Promontorio di S.Benigno, in relazione al convento omonimo che lì si trovava – che proteggeva il golfo della città a ponente (vai all’approfondimento storico sul Sestiere di San Teodoro).

Oggi il profilo continuo del promontorio non esiste più, poiché questo è stato sbancato attraverso interventi successivi tra Ottocento e Novecento per collegare Genova al ponente; allo stesso modo la Lanterna non si erge più sull’estrema lingua di terra del capo, in quanto i ripetuti riempimenti a mare, effettuati per ampliare la superficie destinata ad usi portuali, ne hanno progressivamente arretrato la posizione rispetto all’acqua, cosicché oggi essa si trova su ciò che resta dell’antica collina, circondata da un largo spiazzo e da ampie banchine tra cui la vasta Calata Sanità, che ha inglobato l’originario Molo Nuovo, edificato nel Seicento (vai al documentario sulla storia del porto di Genova).

LANTERNA DI GENOVA, LE ORIGINI

La Lanterna di Genova

Non si ha certezza alcuna sull’anno preciso in cui viene eretto il primo faro di segnalazione, ma si sa che fin dall’antichità qui si accendono fuochi per segnalare la costa ai naviganti, e leggenda vuole che il suo progettista venisse lanciato nel vuoto proprio dalla sua cima, affinché non potesse ricreare in altro luogo una costruzione analoga. La Lanterna nasce con la doppia funzione di faro di segnalazione e avamposto fortificato fuori dalla città; d’altronde già in epoca romana il luogo, naturalmente predisposto, è sede di una piccola fortificazione che controlla il mare e la retrostante via Aurelia.

La prima notizia certa dell’esistenza di una torre di avvistamento risale al 1128, anno in cui risulta un decreto dei Consoli genovesi che stabilisce l’obbligo, per gli abitanti dei paesi vicini al Promontorio, di alternarsi nei turni di guardia per avvistare le navi all’orizzonte. La seconda importante testimonianza sulla Lanterna si trova in un documento del 1161: le navi dirette in porto sono tenute a pagare un dazio per il servizio di segnalazione luminosa. Le segnalazioni vengono fatte bruciando sterpaglie di brugo e brisca, cioè erica e ginestra, e modulandone i fumi di giorno e le fiamme di notte in modo tale da comunicare eventuali avvistamenti di imbarcazioni nemiche per attivare le difese portuali oppure segnalare alle navi in arrivo l’ingresso del golfo. Gli stessi fuochi vengono sfruttati per inviare messaggi alle “guardie”, cioè agli avamposti costieri delle riviere e ai presidi sui crinali che salgono verso l’entroterra, arrivando postazione dopo postazione fin quasi a Milano. Con la costruzione di una prima torre (inizialmente fatta di un solo tronco, poi di  due) il punto di segnalazione – prima a terra – si fa maggiormente visibile, e ai fuochi si aggiungono sistemi di vele e bandiere per comunicare con la città in maniera più precisa: si può indicare il tipo e il numero di navi in arrivo nonché la direzione da cui provengono. Insieme al faro minore presente sul Molo Vecchio, la Lanterna indica ormai con esattezza la posizione della città a chi giunge dal mare. Di nota è il fatto che talvolta i fuochi vengano spenti durante i nubifragi da malintenzionati allo scopo di avvalersi dello ius naufragii, legge medievale che attribuisce al primo che li rinviene la proprietà degli oggetti portati a riva dal mare in tempesta.

Che Lanterna e Torre dei Greci siano parte attiva nel sistema difensivo cittadino è dimostrato dal fatto che sono obiettivi di conquista militare da parte delle fazioni durante le lotte intestine per il predominio: nel 1318 la Lanterna di Genova è teatro di scontro tra Guelfi e Ghibellini, coi primi che vi si barricano dentro e i secondi che li stanano minacciando la torre di un crollo attraverso scavi  praticati nelle fondamenta. Questo giustifica il primo intervento di consolidamento, che nel 1321 dota il faro di un fossato a scopo protettivo.

Nel 1326 una prima rivoluzione tecnologica: la torre viene dotata di illuminazione con lampade ad olio (d’oliva), che sostituiscono definitivamente i falò. I guardiani incaricati dell’accensione, del controllo degli stoppini e della cura delle lampade sono detti turrexani (tra di loro nel ‘400 compare anche Antonio Colombo, zio di Cristoforo) e ogni sera salgono sul faro per attivare il sistema di segnalazione. La quantità di lampade da accendere non è costante, ma varia a seconda delle stagioni e soprattutto dipende dall’evolversi delle condizioni atmosferiche: nebbia e tempeste richiedono ovviamente una maggiore potenza del segnale.

La manutenzione della Lanterna è oggetto di grande attenzione da parte dei Padri del Comune, che le riservano una buona percentuale dei fondi destinati al porto: nel 1405 la sostituzione delle vetrate del lanternino sommitale richiede una spesa che ammonta al 60% del totale a disposizione per l’anno in corso. Gli elementi più fragili e importanti sono i vetri della cupola che devono essere sempre in perfette condizioni, rispondere a determinati requisiti di trasparenza e resistenza, non devono distorcere il fascio luminoso e vanno sostituiti periodicamente poiché esposti all’usura degli agenti atmosferici che alla lunga ne alterano le caratteristiche. Per prolungarne la vita, i vetri vengono protetti con un’emulsione di albume d’uovo opportunamente spennellata sulla loro superficie, e nell’elenco spese del Comune è presente anche una voce d’acquisto per migliaia di uova destinate allo scopo. Negli ordini di committenza ai maestri di Altare[1] il Comune si mostra molto rigoroso sulle specifiche cui il prodotto finito deve rispondere, al punto da rifiutare in un’occasione una loro fornitura perché non soddisfacente i requisiti stabiliti. Tra i luoghi da cui la Repubblica si rifornisce figurano anche Pisa e successivamente Venezia.

Verso la fine del Trecento la Lanterna viene utilizzata per alcuni anni come carcere per Giacomo Lusignano, (zio del re di Cipro Pietro Lusignano), per sua moglie e parte della loro corte: vengono qui tradotti come prigionieri in seguito alla conquista della città di Famagosta da parte della Repubblica, conquista operata in risposta all’uccisione, per mano dei sovrani di Cipro, di molti genovesi ivi residenti[2].

Nel 1498 vi si reca, in questo caso in qualità di visitatore, perfino Leonardo da Vinci al seguito di Ludovico il Moro (del quale è alle dipendenze) in un sopralluogo di studi sulle fortificazioni genovesi.

IL FARO OGGI, LA COSTRUZIONE MODERNA

Trattandosi di un baluardo difensivo il faro è oggetto di periodici potenziamenti e ricostruzioni di varia entità. L’intervento più massiccio risale al periodo di dominazione francese cinquecentesca: Luigi XII decreta l’erezione sul Capo di Faro di una possente fortezza dichiaratamente intesa a contenere eventuali rivolte cittadine piuttosto che a difendere la città da attacchi esterni. Essa è infatti soprannominata la Briglia, poiché imbriglia la libertà della Superba, e vi è di stanza un contingente francese che provvede a tenere i cannoni puntati verso il centro abitato. Quando nel 1514 un’insurrezione popolare caccia l’esercito invasore mettendo fine alla dominazione, la Briglia viene completamente demolita: siccome è addossata alla Lanterna, nelle operazioni quest’ultima subisce danni non indifferenti, perdendo la sua parte superiore e smettendo di fatto di funzionare. Bisogna attendere il 1543 perché venga dato il via a un processo di totale ricostruzione[3], che termina l’anno successivo conferendo alla Lanterna l’aspetto che conserva ancora oggi (nonostante reiterati danneggiamenti di volta in volta riparati in epoche varie e per vari motivi, dalle guerre ai fulmini che saltuariamente colpiscono la cupola): 77 metri d’altezza, quasi 120 sul livello del mare, due tronchi con balaustre sovrapposti l’uno all’altro, una nuova scala in muratura che sostituisce la precedente in legno e corda[4], un lanternino apicale dotato di lampade tecnologicamente aggiornate e una forma complessiva più slanciata rispetto alla precedente torre.

Nel 1632, con la realizzazione dell’imponente cerchia di mura seicentesche, la Lanterna viene finalmente compresa nel sistema murario cittadino e cessa di essere avamposto solitario. In questa circostanza vengono nuovamente sostituite le lastre di vetro e le lampade, potenziando la portata del raggio di segnalazione. Nella sua storia registrerà ancora diversi danni, ma non verrà mai più rasa al suolo. Il Seicento è il secolo in cui diventa palcoscenico per i seguitissimi spettacoli di funamboli che tentano l’ardua discesa su corde tese dalla sua sommità fino a imbarcazioni al centro del bacino portuale; ma è anche il secolo in cui subisce il devastante bombardamento cui la flotta del Re Sole sottopone Genova (1684), vendicandosi di oltre un secolo di politica antifrancese e costringendola alla resa. Fortunatamente delle tredicimila bombe incendiarie lanciate sulla città solo alcuni frammenti colpiscono la Lanterna, danneggiandone i vetri. La riparazione comprende ancora una volta aggiornamenti tecnologici e rafforzamenti del lanternino, essendo questo la parte più fragile e quindi più esposta alla violenza del vento e della pioggia.

Della seconda metà del ‘700  sono i lavori per dotare la cupola di parafulmine e per consolidare il corpo della torre attraverso l’inserimento di catene e tiranti, e la base con il rafforzamento delle fondamenta, mentre l’aggiunta del parafulmine sulla cupola avviene nel 1778. Non vi sono sostanziali cambiamenti fino a metà dell’Ottocento, quando viene montato un nuovo sistema di ottiche, molto più potenti di quelle usate fino a quel momento e realizzate secondo i principi dello scienziato francese Fresnel, che è riuscito a ottenere lenti molto ampie ma sottili, con notevoli vantaggi di peso, precisione, portata e potenza del raggio luminoso, che nel caso della Lanterna arriva adesso a 15 miglia, grazie anche ai riflettori metallici. Va sottolineato che a questa data (1841) il combustibile utilizzato consiste ancora in olio d’oliva, mentre la rotazione del fascio luminoso è garantita dal fatto che l’intero sistema poggia su ruote. Dopodiché, nel giro di pochi decenni le innovazioni si susseguono rapidamente: sullo scorcio del secolo, nel 1898, si passa al gas di acetilene[5]; a inizio ‘900, al petrolio, mentre la rotazione viene eseguita grazie a un sistema ad orologeria con cinque ore di carica; nel 1936, infine, arriva l’ elettricità.

Nonostante le inevitabili lesioni, la Lanterna di Genova sopravvive integra al secondo conflitto mondiale, cosa eccezionale se si considera che Genova viene ininterrottamente bombardata dal giorno seguente l’entrata in guerra nel 1940 fino alla fine del ’44, con conseguenze devastanti per l’intero tessuto urbano e specialmente per il porto, che al termine del conflitto è completamente distrutto.

Negli anni cinquanta il lanternino, ormai gravemente compromesso sia a livello di vetrate sia a livello di struttura portante, viene interamente sostituito.

Superato il momento in cui, negli anni sessanta, sembra destinata ad essere spenta per sempre a causa della risoluzione della Marina di cessare il servizio di segnalazione dei fari (vista ormai l’esistenza dei radar), tra il ’67 e il ’70 viene eseguito il restauro complessivo ad opera del Genio Civile e della Soprintendenza ai beni architettonici. Oggi la Lanterna è facilmente raggiungibile grazie a un percorso pedonale che conduce fino all’ingresso ed è stata restituita alla comunità rendendola visitabile. La sua luce continua a illuminare il mare di Genova, indicando il porto ai naviganti con un periodo di 20 secondi, e nonostante le trasformazioni urbane la sua silhouette ancora si staglia netta sullo sfondo di terra, mare e cielo, facendo di Genova “la città all’ombra della Lanterna”.

Claudia Baghino

[foto di Diego Arbore]


[1] Altare è un piccolo borgo della Val Bormida, in provincia di Savona; abitato fin da epoca romana, è sede di una millenaria tradizione vetraria e a partire dal Medioevo è in concorrenza con Venezia. Differentemente dai veneziani, che ne custodiscono gelosamente i segreti, i maestri altaresi diffondono in tutto il mondo conosciuto l’arte della lavorazione del vetro.

[2] Genova possiede colonie e interessi commerciali in tutto il Mediterraneo, di conseguenza molti genovesi vi risiedono o comunque viaggiano frequentemente: l’isola di Cipro e la città di Famagosta non fanno eccezione. I genovesi lì presenti vengono uccisi perché si sono ribellati a un grave affronto subito proprio da Giacomo Lusignano. Ciò scatena la reazione della Superba, che invia una flotta comandata dall’ammiraglio Fregoso a invadere e conquistare Cipro, razziando e mettendo a ferro e fuoco molte delle sue città. La traduzione dei nobili ciprioti in carcere è garanzia per il rispetto del trattato di pace in cui Famagosta diventa colonia genovese mentre il resto dell’isola viene restituito al re.

[3] Le pietre per la nuova Lanterna vengono estratte dalla cava di Carignano e da Finale Ligure.

[4] Le scale originarie erano cosiddette scale volanti poiché, realizzate in legno e corda, potevano essere rimosse in caso di attacco, impedendo ai nemici di salire.

[5] Idrocarburo tra i più semplici, viene scoperto nel 1836: è incolore ed estremamente infiammabile.

Cosa vedere a Genova

Musei di Genova

Museo di Sant'Agostino di Genova

Percorsi e Video guide

Genova Quinto, veduta dal civico 3 di via Gianelli

Palazzi dei Rolli

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